 Tutte le partite ufficiali della stagione |
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T |
 La Juventus dal 1900 ad oggi |
Gare ufficiali |
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Serie A |
4.611 |
Giocate |
3.111 |
2.521 (54,67%) |
Vittorie |
1.709 (54,93%) |
1.184 (25,68%) |
Pareggi |
845 (27,16%) |
906 (19,65%) |
Sconfitte |
557 (17,90%) |
8.236 |
Fatti |
5.409 |
4.493 |
Subiti |
2.935 |
C. Europee |
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Era 3 pti (uff.) |
518 |
Giocate |
1.589 |
283 (54,63%) |
Vittorie |
940 (59,16%) |
115 (22,20%) |
Pareggi |
381 (23,98%) |
120 (23,17%) |
Sconfitte |
268 (16,87%) |
876 |
Fatti |
2.779 |
478 |
Subiti |
1.412 |
Tutti i numeri della Juventus |
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Pubblicato il 08.05.2025
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Juventus, cambi in panchina senza svolta: Tudor e Motta sono lenti entrambi
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di Alessandro
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La Juventus ha cambiato guida tecnica, ma il passo in campionato è rimasto pressoché identico. Igor Tudor ha preso in mano una squadra ferita e poco brillante, trovando una media punti di 1,83 in sei partite. Un dato che si avvicina quasi perfettamente all'1,80 registrato da Thiago Motta nei suoi 29 turni alla guida. Una differenza di appena 0,03 punti a gara che, sul piano delle prestazioni e dei risultati, si traduce in una continuità senza vera svolta. Una dinamica che pesa anche sulla percezione esterna della Juventus e sulle valutazioni, ad esempio, nelle quote Serie A, dove la stabilità (o la stagnazione) dei bianconeri influisce direttamente sulle aspettative. Le scommesse sportive, come sappiamo, vanno di pari passo con le prestazioni in campo e bisogna dire che quelle relative alla Juventus sono state piuttosto ballerine.
I numeri non raccontano rivoluzioni
Dal punto di vista strettamente aritmetico, Tudor ha raccolto 11 punti in 6 partite. Motta ne aveva collezionati 52 in 29 giornate. Su scala annuale, il primo avrebbe chiuso a circa 69,5 punti, il secondo a 68,4. Differenze trascurabili, che tuttavia assumono un significato pesante in un campionato sempre più competitivo, dove la quota Champions non è garantita nemmeno con simili proiezioni. In altri termini: cambiano gli interpreti, ma la Juventus resta al palo in termini di reale progresso. Le aspettative di un cambio di passo restano sospese. E con esse, anche il destino della squadra nella volata finale di Serie A.
Tudor tra pragmatismo e adattamento
Igor Tudor si è presentato con dichiarazioni forti: "Non ho mai giocato per il pareggio", aveva detto prima dell'1-1 contro il Bologna. Ma i fatti hanno preso una piega diversa. La Juventus, falcidiata da squalifiche e problemi di organico, ha scelto di accontentarsi. Una scelta che, per quanto tatticamente comprensibile, tradisce lo spirito iniziale del tecnico croato. Il contesto ha vinto sull'ideologia. L'emergenza ha imposto realismo.
Tudor, subentrato in una fase critica della stagione, ha preferito garantire stabilità. Il suo impianto di gioco è meno fluido e meno imprevedibile rispetto a quello di Motta, ma ha consentito un contenimento delle oscillazioni negative. Tuttavia, le "fiammate" attese non si sono manifestate. Le ambizioni di rilancio si sono scontrate con una realtà di campo che non ha restituito segnali di discontinuità. Alla Juventus serviva una scossa. Per ora, ha ottenuto una navigazione a vista.
Motta, prospettive lunghe e visione più ampia
Thiago Motta, al contrario, aveva davanti a sé un orizzonte progettuale più disteso. Tre anni per costruire, osare, sperimentare. Il suo approccio, più teorico e sistemico, non ha però prodotto risultati sensibilmente migliori. I suoi numeri restano nella stessa fascia di rendimento, quella che si gioca il quarto posto all'ultima curva del campionato.
Il continuo turnover, le scelte tattiche non sempre leggibili, la ricerca di un'identità fluida, hanno forse tolto alla squadra quella solidità che ora Tudor cerca di ripristinare. Ma se l'obiettivo era far decollare un progetto nuovo, la partenza non ha lasciato il segno. In entrambi i casi, l'impressione è che la Juve sia rimasta in mezzo al guado, prigioniera dei suoi limiti interni.
Un organico che non svolta
Le cifre raccontano una storia che va oltre la panchina. Se le medie punti dei due allenatori si equivalgono, il problema potrebbe risiedere altrove. L'organico bianconero, malgrado i tentativi di ristrutturazione, continua a mostrare limiti evidenti. Non si tratta solo di interpreti, ma di identità collettiva. Manca la capacità di gestire i momenti chiave, l'attitudine a imporsi nei big match, la tenuta mentale quando il calendario si infittisce.
In questo contesto, il cambio in panchina appare come un tentativo di contenimento più che di trasformazione. Tudor ha il profilo del traghettatore, e non è un caso che l'etichetta sembri cucita su misura per lui. A Spalato, sua città natale, la capacità di reggere le onde fa parte della cultura del mare. Ma in Serie A, serve qualcosa in più per salire a bordo della nave che punta alla Champions.
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